Credo che ci sia ancora molta confusione intorno alla figura dell’interprete e anche a quella del traduttore.
Che cosa fa un traduttore? Quasi sempre quando si dice “Faccio la traduttrice” ci si sente rispondere: Ah, e traduci libri?
Sì, una traduttrice letteraria o editoriale traduce anche libri, ma la figura del traduttore spazia dai manuali alle guide turistiche, ai libri, ai siti Internet, a documenti da asseverare e quant’altro.
E un traduttore suda su ogni pagina che traduce, ve lo assicuro. Ci sono software eccellenti, traduttori automatici che sono migliorati nel tempo e che possono essere un ausilio per i non addetti ai lavori, ma una traduzione di qualità è un lavoro ancora del tutto artigianale. E come tale va riconosciuto e pagato. Considerate che non esiste un albo dei traduttori, dunque non esiste una tutela sulle tariffe minime. Chiedetevi perché una traduzione costa poco e perché un’altra traduzione dello stesso testo possa costare il doppio.
E un’interprete?
Prima di ogni incontro un’interprete richiede un glossario, dei materiali al cliente, si prepara con cura sull’argomento, traduce spesso da una lingua all’altra in simultanea e sebbene si destreggi con maestria tra un labirinto di lemmi e l’altro, può facilmente trovarsi in situazioni in cui vengono usati tecnicismi di difficile comprensione. Può capitare che debba tradurre in situazioni confusionarie in cui ci si aspetta che lei/lui possa tradurre tutto e tutti improvvisandosi. Ma l’interprete, come la traduttrice/ il traduttore, non deve tradurre solo parole ma anche modi di dire e soprattutto mentalità e culture differenti.
Questo compito non è affatto semplice e nei prossimi post vi farò degli esempi molto concreti, qualcuno anche molto divertente.
Quindi un’interprete ha studiato per almeno 20/30 anni le lingue che interpreta e traduce (non basta affatto essere madrelingua), ha studiato le tecniche, deve tenersi costantemente aggiornata e allenata, deve frequentare corsi di specializzazione, deve sudare giorno e notte per rispettare le scadenze. Non è la figura professionale che si pensa, colei (o colui) che prende un Google translate e aggiusta qua e là qualche parola, o si presenta ad una fiera, ad una conferenza o ad un evento con una bella giacca e improvvisa una traduzione solo perché mastica due lingue.
Un’interprete studia, si prepara, deve rendere i modi di dire spesso intraducibili, deve essere una presenza invisibile, sul foglio come durante l’evento, per permettere la comunicazione tra due mondi.
Ora ditemi? Pensate che tutto questo sudore possa non costare nulla?
Un cliente compra ogni parola, ogni espressione, il suo lasciapassare verso gli affari con un’altra azienda in un altro paese, e perché questo lasciapassare sia dignitoso e di valore deve essere disposto a corrispondere il giusto compenso, proprio come quando invece di un’utilitaria acciaccata decide di comprare una bella auto di rappresentanza. Che però deve anche funzionare bene, non avere solo una bella cera.
Mi sono spiegata?
Ma lasciamoci con una citazione letteraria che la dice lunga…
“Tradurre è un po’ come spalare carbone. Lo sollevi con il badile e lo rovesci nella fornace. Ogni pezzo è una parola, ogni palata è una nuova frase e se hai la schiena abbastanza forte e la resistenza che serve a continuare per otto o dieci ore al giorno, riuscirai a tenere il fuoco acceso.” – Paul Auster, scrittore